Palazzo Falconieri

La storia dell'edificio, che è sito oggi al n. 1 di Via Giulia, risale a tempi antichi. Sotto il palazzo si trovano tutt’ora resti di un porto fluviale di epoca romana e tuttavia fino al Cinquecento sono scarse le notizie che riguardano la zona che conobbe un vero periodo di fioritura solo all'inizio del XVI secolo. In quel momento (1508)  Papa Giulio II, che intendeva dare un nuovo volto a Roma creando al suo centro grandi blocchi urbanistici, affidò al Bramante l'incarico di disegnare una strada (e a grandi linee anche le sue costruzioni, incluso l'edificio di cui stiamo parlando) che portasse da Ponte Sisto a Ponte Trionfale. Un altro aspetto importante, dal punto di vista urbanistico, fu la vicinanza di Palazzo Farnese e l'intenzione di alcuni architetti di collegarlo con la Farnesina al di là del Tevere («Isola Farnese»).

Il primo proprietario del Palazzo fu Attilio Ceci che lo vendette agli Odescalchi nel 1574. La proprietà passò poi al Cardinal Paleotto e Mario Farnese prima di essere acquistata da Orazio Falconieri nel 1638. I Falconieri, ricca famiglia di banchieri, era giunta a Roma da Firenze e grazie al loro patrimonio, diventando funzionari della corte papale, ben presto si inserirono nell’alta società romana. La colonia dei fiorentini a Roma si stabilì nelle vicinanze di Via Giulia. Orazio Falconieri decise di ricostruire il Palazzo perché questo era piuttosto modesto e provvisto di poche comodità, non si confaceva al nuovo rango e alla dignità che la famiglia Falconieri aveva acquisito a Roma. Affidò a Francesco Borromini, uno dei maggiori architetti del Seicento, la ricostruzione e l’ampliamento dell’edificio. I lavori secondo i documenti dell’archivio famigliare ebbero inizio nel 1646 e durarono fino al 1649. Il Borromini aumentò la facciata su Via Giulia, aggiungendovi tre assi di finestre. Vi pose un portale simile a quello originario, un bugnato, due pilastri laterali (con l’emblema nobiliare dei proprietari costituito da un falcone o horus egizio e un cornicione di coronamento. All’interno del Palazzo si può osservare l’impronta inconfondibile del Borromini su una serie di soffitti che decorano molte sale del Piano Nobile ed alcune sale del pianterreno. Gli stucchi dal contenuto simbolico, proprio dell’architettura dell’artista, originariamente bianchi, vennero dipinti di oro in occasione della festa delle nozze di Costanza Falconieri, nello spirito del nuovo gusto della fine del ’700. In una delle sale, i motivi simbolici di queste decorazioni rappresentano il mondo come nesso spirito-materia: tre cerchi d'oro (spirito – materia – anima) con il sole raggiante nel punto d’intersezione. In un’altra sala l’artista ci presenta l’Universo (con Occhio della Provvidenza, l’axis mundi, il globo terrestre) e vi sono ipotesi secondo cui egli abbia utilizzato anche simboli ermetici o massonici.

La Loggia

Il Borromini costruì un’imponente altana nella parte superiore del Palazzo che, risaltando dal volume principale dell’edificio, lo dominava e incoronava la facciata del giardino e le diverse parti dell’edificio. Prima della regolazione del fiume il giardino, molto più grande dell’attuale, si collegava più proporzionatamente alla mole della loggia. Per quanto riguarda l’iconografia delle statue barocche che ornano la balaustra della terrazza sovrastante l’altana, il Borromini raddoppia la duplicità del simboli Giano-Giana, da una parte cosmici, dall’altra collegati alle stagioni, mettendo uno dietro l’altro due visi. Rafforza l’effetto con l’accoppiamento di un volto femminile e giovane ad uno maschile e vecchio. Il Palazzo Falconieri venne venduto nel 1892 a Luigi Medici del Vascello che lo vendette poi allo Stato Ungherese nel 1928. Di recente sono stati conclusi i lavori di ristrutturazione interna dell’edificio ed il restauro delle facciate e della loggia borrominiana, finanziati interamente dal Ministero dell’Istruzione e della Cultura Ungherese.

L’Istituto Storico Ungherese e l’Accademia d’Ungheria in Roma

Sulla storia dello Stato e della civiltà ungherese le ricerche autonome, non più legate agli studi dei collegi ecclesiastici, iniziarono a Roma nel 1880 quando Papa Leone XIII aprì l’Archivio Segreto del Vaticano. Gli ungheresi furono tra i primi a inviare studiosi per consultare i documenti relativi alla propria storia patria. Promotore e fondatore del primo istituto storico laico fu Vilmos Fraknói (1843-1924), canonico di Nagyvárad e membro dell’Accademia delle Scienze di Budapest. Sotto la sua guida cominciarono i primi studi sistematici ed anche la pubblicazione dei documenti rinvenuti. Risultato di questo lavoro furono da allora i magi strali volumi dei Monumenta Vaticana historiam regni Hungariae illustrantia. Al fine di assicurare un alloggio adeguato agli studiosi che dall’Ungheria arrivavano a Roma, Vilmos Fraknói acquistò un terreno nel quartiere Nomentano e vi fece costruire un edificio che venne inaugurato come sede dell’Istituto Storico Ungherese nell’aprile 1894. I borsisti vi cominciarono ad affluire dall’anno successivo. Ancora per iniziativa di Fraknói, più tardi (tra il 1902 e il 1904) accanto al primo edificio ne sorse un altro, dove ebbe sede una Accademia di Belle Arti per artisti ungheresi a Roma (è l’attuale Ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede). Il canonico nel 1912 donò il suo Istituto all’Accademia Ungherese delle Scienze, la quale ne assunse da allora la direzione scientifica, mentre i mezzi finanziari furono assicurati dal Ministero del Culto e della Pubblica Istruzione. Dopo il trauma della divisione dell'Ungheria conseguente alla caduta della Monarchia Austro Ungarica, il nuovo governo ungherese volle aprire nuove «porte» verso l’Europa. Fu così che nel 1928 il ministro del Culto e della Pubblica Istruzione, Kunó Klebelsberg, decise l’acquisto del Palazzo Falconieri di Via Giulia. Dopo alcuni lavori di ricostruzione e di restauro, la neonata Reale Accademia d’Ungheria in Roma – di cui a partire dal 1929 divennero sezioni, ma con status speciale, sia l’Istituto Storico Fraknói che l’lnstitutum Pontificium Ecclesiasticum Hungaricum in Urbe – in questa nuova sede aprì la propria attività lungo tre direttrici: studi storici, promozione artistica e studi teologici, recuperando in modo anche istituzionale la tradizione precedente.Tra i membri dell’Accademia e tra i suoi ospiti nei due decenni seguenti troviamo i maggiori studiosi, scrittori, pittori e scultori ungheresi degli anni trenta e quaranta; solo a titolo di esempio possiamo ricordare, un po’ a caso: Károly Kerényi, Zoltán Kodály, György Lukács, Antal Szerb e Sándor Weöres. È interessante sottolineare come in quegli stessi decenni prende forma nei locali del l’Accademia la cosiddetta Római Iskola (Scuola Romana: Vilmos Aba-Novák, Béla Kontuly, Pál Molnár C., ecc.), una corrente artistica vicina al novecentismo italiano e, appunto, alla Scuola Romana. Fra l’altro si ebbe anche una intensa attività editoriale, e oltre a numerosi volumi specializzati, venne pubblicata una rivista intitolata l’Annuario, in cui comparivano saggi di studiosi sul tema di rapporti italo-ungheresi e resoconti sull' attività culturale e artistica dei borsisti. Nel 1948 l’Accademia d’Ungheria divenne parte integrante dell’Ambasciata, perdendo il suo originario carattere di autonoma istituzione scientifica e artistica. Durante gli anni della guerra fredda ebbe così, in pratica, prevalenti funzioni propagandi stiche. Solo dal 1981 essa rientra di nuovo nella competenza del Ministero della Cultura e della Pubblica Istruzione.

Oggi l’Accademia ospita continuamente borsisti che sono artisti, studenti e studiosi. Negli ultimi anni sono stati compiuti molti sforzi per trasformarla in un istituto moderno, all’altezza dei suoi compiti culturali e scientifici. È stato ripreso lo studio sistematico degli archivi e delle biblioteche esistenti a Roma e nel Vaticano, sono usciti nuovi numeri dell’Annuario, si sono avute altre pubblica zioni apparse in collaborazione con l’Accademia Ungherese delle Scienze e anche con istituti universitari e accademici italiani. Nel 1996 è stato rifondato l’Istituto Storico Fraknói. Per l’attività culturale, ricordiamo come dal 1992 sia aperta una Galleria d’arte la quale, oltre ad ospitare annualmente mostre dei borsisti dell’Accademia e di altri artisti ungheresi, apre spesso i suoi locali alle opere di pittori e scultori italiani. Nella grande Sala del Palazzo si tengono sistematicamente convegni e tavole rotonde, concerti e proiezioni cinematografiche. Diventano così numerosissime le occasioni di contatto diretto fra gli intellettuali, gli studiosi e gli artisti più importanti dei due paesi, il che rende l’Accademia d’Ungheria un vero e proprio punto d’incontro fra le due culture.

LA VISITA AL PALAZZO FALCONIERI, ATTUALMENTE È SOSPESA!