Roma, Palazzo Falconieri - Via Giulia, 1
Nell'ambito della mini rassegna di film ungheresi PENSARE PER IMMAGINi, martedì 29 marzo 2022, alle ore 19.30 presso l'Accademia d'Ungheria in Roma verrà proiettato il film Perdizione /Kárhozat (Ungheria, 1987, 120') di Béla Tarr, in ungherese con sottotitoli in italiano.
Ingresso libero con SUPER GREEN PASS e maschera ffp2. Registrazione obbligatoria. Per registrarsi cliccare qui.
Perdizione è ambientato in un luogo non meglio definito della pianura ungherese tormentato da una pioggia incessante. Il centro del film è il bar Titanik, che suggerisce il tema del naufragio. Girato in bianco e nero con lunghissimi pianosequenza, fu proprio attraverso quest'opera che Tarr formalizzò per la prima volta lo stile che lo avrebbe reso celebre fra i cinefili di tutto il mondo e che caratterizzerà tutte le sue produzioni successive.
Trama
Perdizione racconta la storia di Karrer (Miklós B. Székely), un uomo depresso innamorato di una cantante sposata (Vali Kerekes) che si esibisce in un bar locale, il Titanik. La cantante rompe la loro relazione, perché sogna di diventare famosa ed è disposta a tutto pur di inseguire il suo sogno. A Karrer viene offerto un lavoro di contrabbando da Willarsky (Gyula Pauer), il barista e proprietario del Titanik. Karrer decide di offrire il lavoro al marito della cantante, Sebestyén (György Cserhalmi), con l'obiettivo di allontanarlo dalla città per qualche giorno e poter conquistare sua moglie. Sebestyén accetta l'incarico, che lo toglie di mezzo per qualche tempo, ma le cose non vanno come previsto da Karrer: inizialmente la donna sembra cedere alle sue avances, e i due hanno un rapporto sessuale. Successivamente però la cantante lo rinnega, preferendo cedere alle attenzioni di Willarsky, sperando che questo, vista la sua apparente ricchezza, la possa aiutare a realizzare il suo sogno di diventare una cantante di successo. Karrer, ormai disilluso, dopo essere venuto a sapere da Willarsky che il lavoro di contrabbando non è finito come il barista si attendeva, decide di tradire la donna e il marito Sebestyén. Per vendicarsi delle illusioni dategli dalla cantante, Karrer si reca dalla polizia per denunciare il lavoro di contrabbando.
Béla Tarr, acclamato regista e sceneggiatore ungherese, classe 1955
Il suo interesse per la regia comincia all'età di 16 anni, realizzando cortometraggi amatoriali. Nel 1977 si iscrive all'Accademia del Teatro e del Cinema di Budapest dove si diplomerà in regia nel 1981. Nel frattempo i suoi film amatoriali lo portano all'attenzione del Balázs Béla Stúdió, che finanzierà il suo film d’esordio Nido familiare/Családi tűzfészek (1979). Dal 1981 al 1990 lavora presso il Mafilm. Nel 1981 è direttore artistico dello Studio Társulat.
La svolta avviene con il suo film intitolato Perdizione”/ Kárhozat, nel 1988, tratto dall’omonimo novella di László Krasznahorkai con cui il regista vanta una lunga collaborazione.
Dopo questo film gira quello che è considerato il suo capolavoro, il monumentale Sátántangó (1994), della durata di sette ore e mezza. Ad esso seguono il lirico Le Armonie di Werckmeister( 2000) e L'uomo di Londra (2007), che si differenzia per alcuni versi dal resto della filmografia di Tarr, e Il cavallo di Torino (2011), con il quale si aggiudica lo stesso anno l'Orso d'argento, gran premio della giuria al Festival internazionale del cinema di Berlino. Dopo questo ultimo film annuncia il suo ritiro dalla regia cinematografica e da allora insegna alla Sarajevo Film School, da lui stesso fondata.
Tra gli altri film di Tarr si ricordano: Viaggio nella pianura ungherese/Utazás az Alföldön (1995 – documentario), Hotel Magnesit (1978, corto), Prologo in Visions of Europe (2004, corto), L’outsider /Szabadgyalog (1979), Macbeth (1982 per la tv), Almanacco d’autunno / Őszi almanach (1985), M
Riconoscimenti: Premio alla carriera al Reykjavik Internationa Film Festival (2011), Premio alla carriera al Sardinia Film Festival Alghero (2017).
Gran parte del lavoro di Tarr è caratterizzato da elementi filosofici e una visione pessimistica dell’umanità. I suoi film utilizzano metodi di storytelling non convenzionali, come le riprese lunghe fisse e/o attori non professionisti per puntare al realismo della rappresentazione.