Proiezione del film '"Uomini della montagna" di István Szőts

Data: 3 marzo
Ora: 18:30
Luogo:  Roma
Roma, Palazzo Falconieri - Via Giulia, 1
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Nell'ambito della mini rassegna di film ungheresi PENSARE PER IMMAGINI, giovedì 3 marzo 2022, alle ore 19.30 presso l'Accademia d'Ungheria in Roma verrà proiettato il film Uomini della montagna/Emberek a havason ((Ungheria, 1941, 103') di István Szőts, in lingua ungherese con sottotitoli in italiano. Presentazione a cura di Judit Pintér, critica cinematografica. 

Ingresso libero con SUPER GREEN PASS e maschera ffp2.  Registrazione obbligatoria. Per registrarsi cliccare qui. 

 

La vita e le opere di István Szőts (1912-1998)

di Judit Pintér

La vita e la carriera di István Szőts risultano fatalmente legate ai dati più tragici della storia dell’Ungheria del Novecento. Nasce nel 1912, due anni prima che scoppi la Grande Guerra, in un piccolo villaggio della Transilvania meridionale (ora Romania). La Pace di Trianon separa la famiglia: i genitori divorziano, la madre rimane in Romania, il padre ufficiale, invece, è costretto a trasferirsi in Ungheria. Szőts lo segue. Il padre, per tradizione, lo manda all’Accademia Militare, ma il giovane s’interessa alle arti: scrive poesie, dipinge e fa teatro. Infine decide di dedicarsi al cinema. L’inizio della sua carriera di cineasta risale al 1939 – l’anno d’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1941, l’anno dell’entrata in guerra dell’Ungheria, Szőts realizza il suo primo lungometraggio Emberek a havason / Uomini della montagna che vince uno dei premi principali alla Mostra di Venezia del 1942.

I teorici ed i critici che di lì a poco avrebbero dato vita al neorealismo salutarono il film quasi come un manifesto. Gli intellettuali raggruppati intorno alle riviste Cinema e Bianco e nero stavano elaborando da più anni le basi teoriche del neorealismo. E nel film di Szőts intravidero realizzate molte delle loro idee riguardanti la regia, la fotografia, la scelta e la direzione degli attori, e così via.

Il tono favorevole emerge dai più importanti quotidiani nelle recensioni dell’8 e del 9 settembre 1942. Quasi ogni recensione è un elogio. Uno dei critici più autorevoli, Mario Gromo scrisse su La Stampa: “Con questo film il cinema ungherese dice una sua parola d’arte, si dimentica di troppe commediole e di troppi drammoni, dà il suo contributo che non sarà dimenticato”.

Raffaele Calzini sulla rivista Film scrisse così: “Questo film ungherese è carismatico per il suo puro lirismo, per la tensione drammatica delle situazioni rappresentate e per il suo eccezionale coraggio. Chi ha visto questo film non lo dimenticherà”.

Il 25 settembre, sulla rivista Cinema, uscì un editoriale secondo il quale il film di István Szőts poteva servire da modello anche al cinema italiano nel suo desiderio di rinnovamento. Sullo stesso numero della rivista anche Francesco Pasinetti recensì il film.

Sempre sullo stesso numero della rivista Cinema si trovano notizie da set di film come L’uomo della croce di Rossellini, Ossessione di Visconti e I bambini ci guardano di De Sica-Zavattini. Sono i nomi e i titoli della futura storia del cinema italiano.

Nonostante il successo di Venezia, il film ha una “sorte” molto travagliata in Patria: la destra lo ritiene comunista per la solidarietà con i poveri, la sinistra lo considera fascista per il premio ricevuto da un paese fascista, i cattolici lo rifiutano come un film pagano, i tedeschi ne proibiscono la proiezione considerandolo “troppo cattolico”…

Szőts non ha più fortuna nemmeno con il suo secondo lungometraggio, Ének a búzamezőkről/ Canto dei campi di grano, tratto da un romanzo di Ferenc Móra, scritto nel 1920 sulle influenze tragiche della guerra sulla vita degli uomini semplici. Ma il progetto viene rifiutato sia dal regime “bianco” dell’ammiraglio Horthy nel 1943, sia da quello “rosso” di Mátyás Rákosi nel 1947, sempre a causa del personaggio di un simpatico contadino russo, prigioniero di guerra in Ungheria dopo la Grande Guerra. Il film infine viene realizzato - senza il russo - nel 1948, l’anno della presa di potere dei comunisti in Ungheria, ma prima di uscire nelle sale viene proibito per alcune sequenze “troppo religiose”…

Tra 1948 e 1955 Szőts non può realizzare nessuno dei suoi grandi progetti. Per mantenersi, realizza cortometraggi etnografici per il Museo Etnografico – e scatta molte fotografie delle quali alcune si vedono nella mostra attuale. Nel 1955 realizza un documentario Kövek, várak, emberek / Pietre, castelli, uomini, presentato e premiato al Festival di Venezia nel 1956.

Inizia il 23 ottobre 1956 le riprese del suo ultimo film ungherese, ma ora è la storia, lo scoppio della rivoluzione del 1956 ad impedirgli il lavoro. Dopo la sconfitta della rivoluzione finisce il film (un mediometraggio per bambini intitolato Melyiket a kilenc közül?/ Quale dei nove?, presentato e premiato alla Mostra di Venezia del 1957). Da Venezia Szőts non ritorna in Patria. Vive a Vienna, dove realizza alcuni meravigliosi documentari soprattutto sugli artisti della secessione viennese (per esempio Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner). Negli anni sessanta, giè in Austria, ha il suo ultimo grande progetto, intitolato Fame. Oggi, quando la fame sta diventando sempre più una grande minaccia in tutto il mondo, l’eccezionale impegno morale ed artistico di Szőts nel voler richiamare l’attenzione su questo problema comune dell’umanità, merita il nostro più grande riconoscimento. Anche se purtroppo lo sappiamo bene: Szőts nemmeno oggi riuscirebbe a trovare soldi per realizzarlo…

Dalla fine degli anni settanta torna spesso in Ungheria. Ha progetti di grandiosi film storici – ma per diversi motivi non riesce a realizzarne nessuno. Dopo i cambiamenti politici viene decorato con tutti i riconoscimenti ufficiali e premi possibili ungheresi.

Nel 1991, a Gemona, fu organizzata una bella manifestazione dal “Laboratorio internazionale della comunicazione” in onore di István Szőts (proiezione delle sue opere, incontri con i giovani partecipanti provenienti da più di trenta paesi). Il direttore del Laboratorio, Bruno De Marchi, professore di teoria del cinema all’Universitá cattolica di Milano, disse alla ceremonia di premiazione: “Nessuno e niente può compensarti, perché fu impedito al tuo talento di esprimersi, perché non hai avuto la possibilità di dire le tue parole, e non hai potuto realizzare i film accumulati in te. Film religiosi come quelli di Rossellini, sensibili alle sofferenze umane come quelli di Bergman, reppresentativi della natura come quelli di Flaherty, amanti della terra come quelli di Dovzenko, di uno stile figurativo come quelli di Bresson. E purtroppo è vero che l’universo delle arti è rimasto più povero senza le tue opere non realizzate…”

István Szőts muore a Vienna nel 1998.

FILMOGRAFIA DI SZŐTS

Film realizzati in Ungheria:

  • Látogatás Kisfaludy Stróbl Zsigmond műtermében (Visita all’atelier di Zsigmond Kisfaludy Stróbl), documentario, 1941
  • Emberek a havason (Uomini della monzagna), lungometraggio, 1942
  • Kádár Kata (Kata Kádár), cortometraggio, 1943
  • Tűz a hegyen (Fuoco sulla montagna), lungometraggio incompiuto, 1944
  • Ének a búzamezőkről (Canto dei campi di grano), lungometraggio, 1948
  • Kövek, várak, emberek (Pietre, castelli, uomini), documentario, 1955
  • Melyiket a kilenc közül? (Quale dei nove?), mediometraggio, 1957

Documentari realizzati in Austria:

  • Hallstatter Ballade (La ballata di Hallstadt) , 1960 (presentato alla Mostra di Venezia del 1960)
  • Stephansdom, 1962
  • Das Grabmal des Kaisers (La tomba dell’imperatore), 1963
  • Betty Fischer, 1968
  • Gustav Klimt, 1969
  • Egon Schiele, 1971
  • Otto Wagner, 1971
  • Remigius Geyling, 1971
  • Fritz Wotruba, 1975

RECENSIONI ITALIANE uscite dopo la presentazione di Emberek a havason alla Mostra di Venezia del 1942

  • Corriere della Sera, Milano 8 settembre
  • La Stampa, Torino 8 settembre (Mario Gromo)
  • Il Piccolo, Trieste 8 settembre (Lino Campanini)
  • Il Popolo d’Italia, Milano 8 settembre
  • Il Popolo di Roma, 8 settembre (Ercole Patti)
  • Giornale di Genova, 8 settembre
  • L’Osservatore Romano, 9 settembre
  • Il Messaggero, Roma 9 settembre (Sandro De Feo)
  • Il Giornale d’Italia, Roma 9 settembre (Fabrizio Sarazani)
  • Film, 19 settemre (Raffaele Calzini)
  • Cinema, 25 settembre (editoriale e Francesco Pasinetti)
  • Bianco e nero, numero 9, settembre (Francesco Pasinetti)
  • Tempo, 8 ottobre