Il 30 giugno del 1884 nasceva Ernő Szép (1884-1953), noto poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo ungherese.
Esordisce all’età di 18 anni, con il volume di poesia “Első csokor”. Tra il 1903-1910 collabora con numerose testate tra cui “A Hét”, “Budapesti Napló”, ”Est”(1910-1925). Dal 1908 pubblica regolarmente sulla nota rivista “Nyugat”/Occidente. Le sue pubblicazioni spaziano dalla letteratura all’arte, alla musica (v. i suoi scritti su Pál Színyei Merse, Mihály Babits, Vilma Medgyaszay). Nel 1912 pubblica il suo volume di poesie “Énekeskönyv” grazie al quale entrerà a fare parte del circolo di letterati della “Nyugat”. Nel 1914 si arruola volontario alla Prima Guerra mondiale. Dal 1925 è redattore di “Az Újság”. Nell’agosto del 1944 viene internato in un palazzo contrassegnato dalla stella gialla dopo la promulgazione delle leggi razziali. Sempre nel 1944, tra ottobre e novembre viene portato a lavori forzati. Muore nel 1953. Uno dei temi più ricorrenti nelle opere di Szép è l’alienazione dovuta alla solitudine delle grandi città.
Pubblicazioni in Italia:
- “Autunnale” (Tip.L. memo,1936 – trad, #FilippoFaber, #IgnazioBalla) Rist. 1937
- “Dalì dalì dai: la bella canzone” (Cappelli, 1938 – trad. #EmilioMarcuzzi)
- “L’odore umano” (Jaca Book, 2016 – trad. #GiorgioPressburger)

Per chi non avesse ancora letto, consigliamo la lettura di “L’odore umano” di Ernő Szép (Jaca Book, 2016) nella traduzione di Giorgio Pressburger.
Un poeta e intellettuale ebreo racconta le vicende sue e di un gruppo di ebrei di Budapest nel 1944. Il momento storico è denso e tragico: dall'occupazione tedesca del paese, nel marzo 1944, attraverso i deboli tentativi del reggente Miklós Horthy di proteggere gli ebrei, fino all'avvento del governo filo-nazista di Ferenc Szálasi. Testimone e vittima della follia antisemita, Ernő Szép, all'epoca sessantenne, osserva le sofferenze della sua gente, la crudeltà degli aguzzini, l'indifferenza di molti e la generosità di pochi eroici concittadini. E consegna una storia tragica che non rinuncia a cogliere, nell'abiezione, barlumi di pietà umana, di bellezza, persino di ironia.