
Il 2 novembre del 1902 nasceva Gyula Illyés (1902-1983) poeta, prosatore, drammaturgo, traduttore ungherese.
Di origine contadina ma inseritosi nelle sfere più alte della vita intellettuale, Illyés si fece interprete di tutte le tensioni sociali dell’Ungheria del suo tempo. Implicato alla fine della I guerra mondiale in un moto insurrezionale per una radicale riforma agraria, dovette espatriare nel 1921 e vivere per alcuni anni all’estero: prima a Vienna e a Berlino poi a Parigi (1922-1926), dove strinse amicizia coi poeti dell’avanguardia (Max Jacob, Jean Cocteau, Marcel Sauvage, Paul Elouard, André Breton, Tristan Tzara, Louis Aragon, René Crevel) e pubblicò le sue prime poesie.
Tornato in patria nel 1926, dopo aver ricevuto l’amnistia, iniziò a pubblicare le sue poesie sulla rivista Nyugat/Occidente. Negli anni ’30 strinse amicizia con Attila József, Lőrinc Szabó e altri letterati. Dal 1937 divenne coredattore della rivista Nyugat insieme a Mihály Babits e successivamente redattore della rivista Magyar Csillag/Stella ungherese nonché della rivista Válasz/Risposta. Durante l’era kadariana fu costretto a ritirarsi, perché considerato scomodo. Riprese la sua attività solo negli anni ’60.
Illyés è autore di circa duecento opere tra volumi di poesie e romanzi. È nota anche la sua biografia-monografia su Petőfi, di cui condivise gli ideali poetici, come quello della libertà. Nella lirica e nella maggior parte delle sue prose, nonostante la grande varietà dei temi, la fonte principale dell’ispirazione di Illyés è la reminiscenza. In Italia le sue opere sono state tradotte da abilissimi traduttori tra cui ricordiamo Umberto Albini, Sauro Albisani, Edith Bruck e Nelo Risi.