In memoria di Imre Ámos

Il 7 dicembre del 1907 nasceva Imre Ámos (1907-1944), pittore ungherese, spesso definito lo ”Chagall ungherese”.

Nato a Nagykálló, Ungheria, nel 1907, l’artista trascorrerà la sua infanzia insieme al nonno talmudista Adolf Liszer. Dal 1929 al 1935 fu allievo di Gyula Rudnay all'Accademia di Belle arti di Budapest. Esordì nel 1931. Inizialmente si ispirò all’avanguardia post-impressionista (effetto di József Rippl- Rónai e dei Nabis). Tema ricorrente dei suoi dipinti del primo periodo artistico era il mondo hasidico di Nagykálló, i rabbini visionari e le figure dell’Antico Testamento. Una concezione artistica affine a quella di Chagall, Csontváry e Gulácsy. Chagall ed Ámos ebbero modo peraltro modo di conoscersi in occasione dell’Esposizione universale di Parigi del 1937. Ámos, il cui nome originale era Imre Ungár, scelse consapevolmente il nome di un profeta minore della Bibbia, sentendo la missione profetica.

A partire dal 1937 lavorò ogni estate a Szentendre e contribuì a formare lo stile della scuola dallo stesso nome.

Il suo secondo periodo artistico ebbe inizio nell’anno in cui scoppiò la Seconda Guerra mondiale: l’artista reagì a tale svolta storica prendendo coscienza della propria responsabilità morale. Definì le forme, con contorni potenti e, rispetto ai toni argentei e pastellati dei suoi primi dipinti, incominciò ad usare colori forti, rossi incandescenti e blu intensi. Uno dei motivi ricorrenti del suo sistema visionario era l’angelo, custode del suo passato e della sua infanzia e l’albero spezzato che nella tradizione ebraica e cristiana è simbolo della vita e della sapienza. Continuò a lavorare fino al momento della sua deportazione avvenuta nel 1944. Particolarmente importante, nell’ultimo periodo della sua esistenza, la produzione dell’“Apocalisse,” una serie in 12 fogli che racconta la crudeltà subita.

Dopo decenni di obliò, l’opera di Ámos viene riportata alla luce nel 1990. Nel 2016 la nostra Accademia l’ha ricordato con la mostra ”ImreÁmos, pittore dell’Apocalisse, nell’ambito della quale erano esposti una quarantina di dipinti ed una cinquantina di disegni e grafiche, dalle prime incisioni su linoleum fino agli ultimi lavori realizzati a china su carta straccia e cortecce di betulla, nonché su un quaderno durante il servizio di lavoro forzato.